No, stavolta non sono quei ladri di carrozzieri indipendenti a dire che il ddl concorrenza è un regalo del governo Renzi alle assicurazioni. Non sono neppure gli avvocati, i patrocinatori stragiudiziali, le vittime della strada o alcune associazioni dei consumatori. Stavolta è la Commissione Giustizia, con un autorevole e inattaccabile parere, a stroncare il ddl concorrenza, nella parte relativa alla Rca. Perché la lobby assicurativa spinge, briga, forca, trova spazio sui mass media importanti, e sfonda lì dove trova il ventre molle della politica italiana, pronta ad appecoronarsi ai voleri dei potenti; ma si trova davanti il muro del no, se dall’altra parte ci sono rappresentanti del Parlamento di spessore politico, morale, umano. E allora, diamo spazio alla Commissione Giustizia, facendo tacere quei ladri di carrozzieri indipendenti e liberi (oh sì, liberi, e non convenzionati né tantomeno schiavi). Per pietà di chi ha scritto la parte relativa alla Rca nel ddl concorrenza, facciamo a meno di evidenziare che la Commissione Giustizia ripete più volte: ma perché mai qualcuno ha copiato e incollato il già bocciato e stralciato articolo 8 del decreto Destinazione Italia nel ddl concorrenza? Roba da politici di Paesi sottosviluppati, coi capi-tribù che impongono le leggi ad minchiam.

La prima bordata della Commissione Giustizia: cessione di credito e risarcimento in forma specifica
La Commissione Giustizia, esaminato il provvedimento in oggetto, prende in considerazione l’articolo 3, comma 1, capoverso Art. 132 ter, comma 1, lettere d) ed e). Prevede tra le diverse condizioni che, qualora accettate, diano luogo a uno sconto significativo del prezzo della polizza assicurativa: la rinuncia alla cessione del credito e il risarcimento in forma specifica presso carrozzerie convenzionate.

Con riferimento alla disposizione di cui alla lettera d), si rileva una grave limitazione delle facoltà contrattuali degli assicurati espressamente riconosciute dal codice civile, e si attribuisce, invece, maggiore forza contrattuale all’assicuratore. La disposizione non risulta, inoltre, sorretta da adeguata giustificazione sotto il profilo dell’efficacia del contenimento del fenomeno delle frodi assicurative, la cui origine non risiede nell’istituto della cessione del credito in sé considerato. A fronte della prevedibile inefficacia rispetto allo scopo perseguito, si determina invece sotto il profilo del bilanciamento degli interessi, una compressione sproporzionata e discriminatoria delle facoltà contrattuali di una specifica categoria di creditori. La disposizione, pertanto, dovrebbe essere soppressa.

Con riferimento alla disposizione di cui alla lettera e), si osserva che l’assicurato- danneggiato, a fronte del previsto sconto sul premio di polizza, perderà il diritto al risarcimento integrale del danno al mezzo, essendo obbligato a ripararlo presso una carrozzeria convenzionata, in totale stravolgimento dei principi codicistici in materia. La disposizione attribuisce inoltre, di fatto, all’assicuratore il potere di decidere le condizioni di mercato dell’autoriparazione, con prevedibile riduzione degli standard qualitativi e di sicurezza delle riparazioni. Si creerebbe altresì il rischio di creare un percorso privilegiato verso le imprese fiduciarie dell’assicuratore, spingendo le imprese indipendenti fuori dal mercato e limitando fortemente la capacità contrattuale in tale settore. Per tali ragioni, la disposizione andrebbe soppressa. Conseguentemente, andrebbe soppressa anche la disposizione di cui alla successiva lettera f). In subordine, ove si ritenesse di n on sopprimere le disposizioni di cui alle lettere d), e) ed f), andrebbero specificate le modalità di applicazione e l’entità dello sconto sulla polizza assicurativa, in modo da non pregiudicare i principi della concorrenza.

La seconda bordata della Commissione Giustizia: i testimoni
L’articolo 6, comma 1, è diretto a introdurre nell’articolo 135 del codice delle assicurazioni private i commi 3-bis, 3-ter e 3-quater. Il nuovo comma 3-bis dell’articolo 135 del codice delle assicurazioni private, stabilisce che, in caso di sinistri con soli danni alle cose, l’identificazione di eventuali testimoni sul luogo di accadimento dell’incidente deve essere comunicata entro il termine di presentazione della denuncia di sinistro “e” deve risultare dalla richiesta di risarcimento presentata all’impresa di assicurazione. Fatte salve le risultanze contenute in verbali delle autorità di polizia intervenute sul luogo dell’incidente, l’identificazione dei testimoni avvenuta in un momento successivo comporta l’inammissibilità della prova testimoniale addotta. Il comma 3-quater stabilisce che, nelle controversie civili promosse per l’accertamento della responsabilità e per la quantificazione dei danni, il giudice, anche su documentata segnalazione delle parti che, a tale fine, possono richiedere i dati all’Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni (IVASS), trasmette un’informativa alla procura della Repubblica, per quanto di competenza, in relazione alla ricorrenza dei medesimi nominativi di testimoni già chiamati in più di tre cause concernenti la responsabilità civile da circolazione stradale negli ultimi cinque anni. Il presente comma non si applica agli ufficiali e agli agenti delle autorità di polizia che sono chiamati a testimoniare.

Il nuovo comma 3-bis in esame pone delicate questioni di bilanciamento degli interessi, poiché introduce una deroga alle vigenti norme in materia di acquisizione delle prove testimoniali, giustificata dalla condivisibile ratio di contenimento del fenomeno delle frodi. Qualora si ritenesse di fondamentale importanza per la finalità anti-frode della norma porre una anticipazione del termine di identificazione dei testimoni, questo termine non potrebbe essere quello previsto dalla disposizione in esame, ma potrebbe essere quello della richiesta di risarcimento presentata all’impresa di assicurazione oppure quello relativo all’invito alla stipula della negoziazione assistita . Si potrebbe pertanto riformulare la norma, nel senso di prevedere che l’identificazione di eventuali testimoni sul luogo di accadimento dell’incidente deve risultare dalla denuncia di sinistro, “ovvero” dalla richiesta di risarcimento presentata all’impresa di assicurazione o dall’invito alla stipula della negoziazione assistita e, quindi, in un tempo considerevolmente più ampio rispetto a quello attualmente previsto dalla norma. Peraltro, in tale caso, analogo obbligo dovrebbe essere posto a carico delle compagnie di assicurazione, determinandosi in difetto un ingiustificabile sbilanciamento dei diritti processuali delle parti.

Il comma 3-quater impone al giudice di effettuare una verifica sulla ricorrenza dei medesimi testimoni già chiamati a rendere testimonianza in altri contenziosi, senza precisare le modalità con cui effettuare la predetta verifica. In base alla formulazione del comma 3-quater, si impone al giudice una condotta la cui inosservanza potrebbe dar luogo ad un illecito disciplinare conseguente alla violazione di legge, il che espone in modo ingiustificato il magistrato al rischio di un procedimento disciplinare per l’inadempienza ad una norma obiettivamente inesigibile. Per corrispondere alle finalità antifrode prefissate, appare necessario riformulare la disposizione in modo da onerare la compagnia di assicurazione che, avvalendosi della banca dati dell’IVASS a sua disposizione, potrà segnalare al giudice la circostanza relativa alla ricorrenza delle testimonianze rese dal medesimo soggetto in diverse cause civili, affinché il giudice, esaminata la segnalazione, trasmetta alla Procura della Repubblica un’informativa al riguardo per quanto riterrà di sua competenza. È, inoltre, da valutare attentamente l’opportunità di consentire l’accesso alla banca dati dell’IVASS non solo alle assicurazioni, ma anche alle parti del processo civile, nel rispetto della normativa sulla privacy.

La terza bordata della Commissione Giustizia: lesioni fisiche gravi
L’articolo 7 individua una nuova disciplina del danno non patrimoniale inserendola nel codice delle assicurazioni private, modificando gli articoli 138 e 139, volti a disciplinare il danno non patrimoniale rispettivamente per lesioni di non lieve entità e di lieve entità, aprendo così la strada a diversi criteri di determinazione del danno a secondo delle circostanze dalle quali derivi, quando invece questi criteri dovrebbero essere previsti in via generale dal codice civile. Una sistemazione definitiva della materia sarebbe, infatti, opportuna anche per stabilire ex lege le diverse voci di danno risarcibile. Solo alla luce della nuova disciplina generale se ne potrebbe prevedere una specifica nell’ambito del codice delle assicurazioni. Inoltre, nel merito, la disciplina prevista riduce notevolmente l’ambito risarcitorio. Ad esempio, i pregiudizi dinamico-relazionali (danno esistenziale) devono essere “rilevanti” accertati su base documentale, mentre le “sofferenze psicofisiche” possono venire liquidate soltanto laddove di “particolare intensità”. Nella disposizione in esame sembra che si voglia fare riferimento, quale unica voce risarcibile a titolo di danno non patrimoniale, al solo danno biologico, escludendo quello morale. Si rileva poi che la personalizzazione del risarcimento è fatta su basi di partenza inferiori rispetto ai parametri milanesi, considerato che all’inglobazione del danno morale non corrisponde un consequenziale aumento di percentuale di valore. Si evidenzia che sia l’articolo 138 che l’articolo 139 prevedono espressamente che l’ammontare complessivo del risarcimento riconosciuto è esaustivo del risarcimento del danno non patrimoniale conseguente a lesioni fisiche.

Considerato che il comma 2 dell’articolo 7 consente comunque l’ultrattività, per i centoventi giorni successivi alla data di entrata in vigore della legge, delle disposizioni precedentemente vigenti circa l’adozione della tabella sulle macrolesioni, al momento non ancora adottata con l’apposito decreto del Presidente della Repubblica, è da ritenere che la futura Tabella Unica Nazionale sarà predisposta sulla falsariga delle c.d. Tabelle di Milano, ma il valore del punto di invalidità sarà limitato a quello che oggi è definito “danno biologico”, quindi senza l’aumento dovuto a quello che fino ad ora è definito “danno morale” . La materia della quantificazione del danno non patrimoniale è, peraltro, oggetto della proposta di legge C. 1063 Bonafede ( Modifiche al codice civile, alle disposizioni per la sua attuazione e al codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, concernenti la determinazione e il risarcimento del danno non patrimoniale), il cui esame è stato avviato dalla Commissione Giustizia il 12 settembre 2013. All’esito di una indagine conoscitiva effettuata durante la fase istruttoria, è stato costituito un Comitato ristretto, nel cui ambito il relatore ha presentato una proposta di nuovo testo che, tenendo conto delle audizioni svolte, è impostata partendo proprio dalle modifiche al codice civile in materia di risarcimento del danno non patrimoniale. In effetti, considerata la complessità di questo tema, sembrerebbe opportuno esaminarlo specificamente, piuttosto che nell’ambito di un disegno di legge di contenuto ampio. In tale prospettiva si potrebbe procedere allo stralcio dell’articolo 7, per poi abbinarlo alla proposta di legge C. 1063 e, quindi, esaminarlo in maniera più approfondita di quanto è possibile fare finché costituisce un articolo di un ampio disegno di legge che tocca diverse e complesse tematiche. In via alternativa appare opportuno sopprimere l’articolo.

La quarta bordata della Commissione Giustizia: la scatola nera
L’articolo 8, comma 1, introduce nel decreto legislativo n. 209 del 2005 (Codice delle assicurazioni private) l’articolo 145-bis, il cui comma 1 stabilisce che “quando uno dei veicoli coinvolti in un incidente risulta dotato di un dispositivo elettronico che presenta le caratteristiche tecniche e funzionali stabilite ai sensi dell’articolo 132-ter, comma 1, lettere b) e c), e fatti salvi, in quanto equiparabili, i dispositivi elettronici già in uso alla data di entrata in vigore delle presenti disposizioni, le risultanze del dispositivo formano piena prova, nei procedimenti civili, dei fatti cui esse si riferiscono, salvo che la parte contro la quale sono state prodotte dimostri il mancato funzionamento o la manomissione del predetto dispositivo.

La quinta bordata della Commissione Giustizia: le truffe
L’articolo 9, nel novellare l’articolo 148, comma 2 bis, del codice delle assicurazioni private, estende i casi nei quali, sussistendo elementi che siano sintomo di frode, si applica una specifica procedura che consente all’impresa di assicurazioni di non presentare offerta di risarcimento. Qualora l’impresa attivi tale procedura, rifiutandosi di formulare l’offerta di risarcimento, l’assicurato può proporre l’azione di risarcimento davanti al giudice solo dopo aver ricevuto le determinazioni conclusive dell’impresa o in mancanza allo spirare del termine di sessanta giorni di sospensione della procedura. Tale ultima disposizione andrebbe soppressa, anche in ragione della prevista abrogazione della disposizione di cui al vigente articolo 148, comma 2 bis, del codice delle assicurazioni, che fa salvi i diritti del danneggiato in merito alla proponibilità dell’azione di risarcimento nei termini previsti dall’articolo 145, nonché il diritto del danneggiato di ottenere l’accesso agli atti nei termini previsti dall’articolo 146, salvo il caso di presentazione di querela o denuncia.

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Scarica il documento sul parere della II Commissione della Camera dei deputati (Giustizia)

 

ORA ATTENDIAMO L’ESAME DELLE COMMISSIONI COMPETENTI , FINANZE E ATTIVITA’ PRODUTTIVE