Fra i politici che abbiamo più criticato su queste pagine web, c’è Federica Guidi. Perché voleva introdurre nel Disegno legge Concorrenza norme che, per paradosso, erano contro la concorrenza e la libertà nel settore Rc auto. Ma secondo noi lo abbiamo fatto al momento giusto, al posto giusto, alla persona giusta e nei modi giusti: per anni, la Guidi è stata stra-potente. Inteso come persona che, facendosi portavoce di determinate lobby, riesce a portare in Parlamento norme di un certo tipo, e magari a farle diventare leggi. Adesso, è un ex ministro. E francamente, ora che è uscita sconfitta, per noi la partita è chiusa. Amiamo essere inflessibili coi potenti che premono per leggi ingiuste e illiberali; detestiamo accanirci su un soggetto quando l’arbitro ha ormai emesso il triplice fischio finale.

Domanda: il presente articolo su ilCarrozziere.it (che ha un numero di lettori in costante e prepotente crescita, vi ringraziamo, così come le attività collaterali quali Oxygen); dicevamo, il presente articolo allora a chi è diretto? Semplice: al futuro ministro dello Sviluppo economico. Abbiamo avuto Federica Guidi, che ha spinto a più non posso per fare regali alle compagnie assicuratrici, massacrando i diritti degli automobilisti e, in ultima analisi, se ci è concesso, il lavoro di noi carrozzieri indipendenti. Tutte regole a favore della canalizzazione feroce, con questo percorso demoniaco: danneggiato, assicurazione, carrozziere convenzionato. Per il controllo totale e assoluto del mercato Rc auto da parte delle assicurazioni, ancor più di quanto già sia ora.

Vediamo di chiarirci per benino. Anche il prossimo ministro dello Sviluppo economico, per quanto ci riguarda, può essere una donna. Così come un uomo. Bianco, nero, asiatico. Un marziano. Non ce ne frega niente. Ma deve rappresentare il popolo italiano. E, per quanto attiene alla Rca, deve tutelare il danneggiato, la vittima della strada e, lo ribadiamo, il lavoro. La concorrenza e la libertà. Il mercato. Lo sviluppo. Come dice il nome dello stesso ministero.

Ci ripugnava l’idea che l’articolo 8 del Decreto Destinazione Italia, stralciato, fosse stato sostanzialmente copiato e incollato nel Ddl Concorrenza. Per fare un favore alle lobby assicurative. Ci disgusta l’idea che quelle stesse norme, stroncate pure dalla Commissione Giustizia, vengano riproposte in futuro. Un ministro dello Sviluppo economico deve tirare fuori l’Italia dalla melma, contribuendo a rendere il nostro Paese civile. Servono regole a favore della concorrenza. Restiamo in tranquilla e pacifica attesa del prossimo ministro dello Sviluppo economico. Ma occhio: finché ne avremo la forza, l’ascia di guerra mediatica verrà dissotterrata se sentiremo il puzzo di regole incivili.

Il futuro ministro dello Sviluppo economico deve avere un obiettivo preciso: un repulisti alla direzione generale Concorrenza mercato e tutela dei consumatori. Una struttura tecnica che, da un lato, ha mostrato di essere algida con Carrozzieri, Vittime della strada e alcune Associazioni dei consumatori; dall’altro, è stata molto incline a sposare gli interessi delle compagnie di assicurazione.

Il futuro ministro dello Sviluppo economico deve affrontare un altro problema grave: il ruolo delle Autorità di controllo. Infatti, il Ddl Concorrenza è partito da una segnalazione dell’Antitrust, condivisa dall’Ivass (Istituto di vigilanza sulle assicurazioni) sulla base di un’indagine conoscitiva costruita su dati provenienti solo dall’Ania (Associazione che rappresenta quasi tutte le compagnie). Dalla segnalazione al Disegno legge, così allineato alle indicazioni delle Autorità di controllo, il passo è stato brevissimo.

Ecco il cuore del discorso: è inammissibile avere Autorità di controllo e di vigilanza palesemente schierate con le assicurazioni. Authority pronte a travestire da concorrenza gli interessi di un oligopolio assicurativo che esercita la sua pressione sin dall’inizio del processo legislativo. Senza che debba sfondare porte, trovandole aperte.

Se, nel prosieguo della legislatura, gli assetti interni del ministero dello Sviluppo economico non cambieranno radicalmente; se i funzionari pubblici continueranno a non essere a servizio degli interessi del Paese ma di potentati economici; se nelle Autorità le nomine politiche e le commistioni di interessi costituiranno ancora un serio deficit di indipendenza; allora rischieremo di ritrovarci tra pochi mesi con un ennesimo attacco. Magari sotto forma di un decreto legge, col Parlamento esautorato da ogni possibilità di miglioramento.

Gli Artigiani, così come i Consumatori, le Vittime e i Professionisti non ci stanno più a essere dipinti come lobby interessate a indirizzare il legislatore. In realtà, le vere lobby che mirano a ottenere leggi su misura sono quelle formate da chi ha davvero potere, denaro e influenza. Da spendere nei canali giusti per ottenere corsie preferenziali.

Sentite i veri guai che affliggono il Paese e che mettono a repentaglio concorrenza e libertà: il potere assicurativo, la sua componente di ricatto costante nei confronti del legislatore, la sua vendita di dati discutibili che transitano nei meandri di uffici ministeriali e vengono presi come oro colato; ministri che partecipano alle assemblee dell’Ania leggendo relazioni compiacenti scritte forse dalle stesse compagnie; il mantra insopportabile e pregiudizievole che costruisce un mondo dove Artigiani e Danneggiati sono truffatori, mentre le Vittime diventano esose nella loro richiesta di un giusto ed equo risarcimento. Questi fattori inquinanti vanno eliminati.

Basta. Si faccia la portabilità dei certificati assicurativi come avvenuto in Francia. Si approvino le tabelle di Milano per le Vittime della strada. Si dia accesso all’operato delle Autorità di controllo da parte dei legittimati e degli enti esponenziali. Si annullino clausole vessatorie limitative dei diritti dei danneggiati prima che si creino casi eclatanti come quelli relativi alle banche. Si conceda la possibilità di scegliere il riparatore di fiducia. Si tuteli la libertà dei periti: non devono essere costretti a stimare un danno in funzione di criteri forniti dalle compagnie, anziché sulla base della deontologia e dell’etica professionale.

Innovazioni che il legislatore, tornato lucido dopo la sbornia inflitta da una pressione ossessiva delle compagnie, può introdurre subito. Dando prova di avere la schiena dritta contro soprusi e vessazioni, che da oltre quindici anni si presentano al Parlamento.

Un’ultima considerazione. I prossimi politici e ministri che metteranno mano alla materia Rc auto si ricordino bene un principio equilibratore pressoché puntuale: chi ha fatto gli interessi delle compagnie alla fine non ha avuto grandi fortune politiche.