È pericoloso quest’articolo sul blog IlCarrozziere.it (i cui lettori aumentano in continuazione, facendo crescere anche le nostre responsabilità verso di voi). Il rischio di quanto andiamo a scrivere è di passare per gufi “porta-sfortuna”, gente che festeggia quando c’è un incidente stradale, così che i carrozzieri abbiano tanto lavoro. Pertanto urge premessa: ci auguriamo che si arrivi alla sicurezza stradale massima, con sinistri zero, per impedire feriti e morti sulle pubbliche vie. È doveroso tuttavia evidenziare che di baggianate in materia ne sono state scritte parecchie negli ultimi mesi, in relazione alla guida senza pilota, l’auto priva di conducente, la macchina robot.

Sui mass media è stata fatta un’equazione di questo genere: veicolo che guida da sé = zero incidenti. Alla base del ragionamento c’è la tesi secondo cui il mezzo automatico non si distrae, non è stanco, non ha margine d’errore. Si preme un pulsante, il guidatore non esiste più e diviene passeggero anch’egli (può leggere o dormire), e l’auto percorre migliaia di chilometri l’anno senza causare incidenti. Il mondo perfetto. Il futuro senza sbavature. Magari con un marketing dell’auto senza guidatore che spinge affinché passi quel messaggio diabolico.

L’immediata conseguenza di questo pianeta ideale è la fine del carrozziere. L’artigiano che aggiusta le auto non ha senso se non ci sono auto da aggiustare. Un po’ come se le famiglie italiane potessero fare il pane da sé: il panettiere scomparirebbe. O come se chi ha mal di denti potesse curarsi la carie da solo: il dentista chiuderebbe. Quindi, addio al carrozziere. E polizze Rc auto che calano. Con le compagnie assicuratrici destinate anch’esse a cambiare modello di business.

Ma poi arriva la realtà, dura, asperrima, brutta. La realtà parla di incidenti a catena, con protagoniste le auto senza pilota. Dapprima, chi produce queste macchine s’è difeso: il nostro veicolo è stato coinvolto senza colpa nel sinistro. Quindi, il veicolo senza guidatore funziona perfettamente e non ha nessuna responsabilità. Teoria opinabile, giacché magari l’uomo al volante avrebbe potuto evitare il sinistro. Dopodiché, sono arrivati altri incidenti, con feriti e morti. Con l’auto senza guidatore responsabile al 100% dell’impatto mortale. Come si spiega tutto questo? Perché la realtà ha fatto a pezzi le teorie degli utopisti degli zero sinistri?

La risposta certa e matematica non l’ha nessuno. Tantomeno noi. Ma proviamo a rispondere.

1) Le condizioni del traffico. Un contro è l’auto robot in prova nel deserto del Nevada; un altro conto è portare quella vettura senza pilota nella normale circolazione cittadina o extraurbana. Forse, la macchina che va da sé non è in grado di prevenire i pericoli improvvisi, i trabocchetti delle strade, le insidie nascoste degli incroci. Non bastano i sensori, i radar, le telecamere. Servono intuito, sensibilità, percezione dei pericoli. Serve l’uomo, il guidatore. Che magari immagina. Prevede. Elabora. Cosa impossibile per una macchina. L’immaginazione ci distingue dai veicoli e dagli ippopotami. Anche nel traffico. E le cose diventano ancora più difficili in città dove le condizioni del traffico sono rese difficili da strade vecchie, concepite nel 1700. Pur ipotizzando che tutte le auto siano senza guidatore, ci sono vicoli e stradine e incroci maledetti nelle metropoli italiane, che la povera auto robot, mandata allo sbaraglio, neppure concepisce.

2) Esiste un equivoco di base. Probabilmente, l’auto robot non è tale al 100%. Lo è in una percentuale più bassa. Che si riduce tanto più le situazioni in strada sono delicate e complesse. Va da sola al 95% in autostrada, al 50% a New York, al 10% a Napoli. L’errore è delegare tutto alla vettura senza guidatore. Inserire il sistema di guida assistita e dormire. Non è così: il passeggero è tale finché la strada è semplice. In caso di criticità, il passeggero si trasforma in guidatore. Sempre attento a quanto accade. Pronto a prevenire l’incidente. E a sostituire il pilota automatico. Serve la massima vigilanza del passeggero, che tale non è: resta un guidatore. Il mezzo va usato in modo responsabile. Ossia: sei pur sempre un guidatore che conduce un veicolo a rischio incidente.

La morale è che le auto robot sono, eccome, a rischio sinistro. Se il passeggero s’illude di fare solo il passeggero, di delegare tutto alla macchina, le probabilità d’incidente salgono. Per paradosso, diventano ancora più alte di quanto non siano se è il guidatore stesso a stare al volante. E con i sinistri così probabili, il carrozziere serve come e più di prima.

Qualche simpatico e allegro osservatore che voleva mettere un croce sulla parola carrozziere, dovrà fare retromarcia. Nel modo tradizionale: s’inserisce la retro, si volta la testa, si guarda se ci sono auto o pedoni, e si procede con cautela. Perché se no, con l’auto robot, c’è il rischio incidente. Con la macchina da portare da quell’artista che si chiama carrozziere.