Non c’è più scampo per decretare la lenta agonia di un parastato una volta glorioso, quando tutto andava bene, quando le imprese artigiane guadagnavano e non si preoccupavano di elargire parte delle loro risorse per mantenere un carrozzone pletorico.

La Grande Confederazione manda agli associati “una lettera aperta ai carrozzieri”. Che tristezza, che rabbia, che rammarico!

Il testo, scritto in un pasticciato “legalese” voleva chiarire il segreto di Pulcinella, il famoso protocollo Ania – Confederazioni scandalosamente ancora tenuto in un cassetto alla faccia di quel barlume di trasparenza di cui gli associati hanno il sacrosanto diritto.

 

Come si suol dire: “peggio la toppa del buco”.

La lettera vorrebbe rassicurare, chiarire le critiche, allontanare le polemiche.

Niente di tutto questo. Tra ambiguità e mistificazioni è una irritante conferma di una impostazione pseudosindacale che suona come una presa in giro per chi, come noi, ogni mattina apre le serrande dell’impresa per portare a casa il giusto profitto con le mani e il sudore della fronte.

Come si fa a pensare che un testo segreto e più volte censurato, rimandato, rimaneggiato possa far diventare le Compagnie solerti pagatrici?

E’ una lettera figlia di un tempo andato, quello in cui le confederazioni avevano i loro partiti di riferimento, si svolgevano tavoli rituali, e altrettanto rituali concertazioni, dove qualche colletto bianco confederale pensava di trattare operosi artigiani come soggetti non pensanti.

Ora gli artigiani rimasti in piedi devono affannarsi, riflettere e trovare soluzioni creative per mandare avanti le loro imprese.

Tagliare i costi inutili, per esempio, e questo lo conferma il calo drammatico di tessere e la caduta a picco della rappresentatività politica che la categoria dei carrozzieri  attribuisce ai confederali, abili pattinatori sulle bucce di banana.

Non è più il tempo di mostrare i muscoli con l’esibizione di un enorme patrimonio immobiliare dove stanno dentro la rappresentatività politica e i servizi, perché questa è l’anticamera di pericolose intrecci.

La rappresentanza politica dei carrozzieri, come si vede dall’attuale scenario, ha trovato nuove forme e nuovi sbocchi e non si può pensare di mantenere un ruolo, facendo buste paga, perché, prima o poi, qualcuno le farà meglio e a prezzi inferiori.

 

 

Un accordo disastroso, folle, discriminatorio, un’ultima volontà di rappresentare un potere che non c’è più.

Cosa importa infatti ad una Grande Confederazione dei carrozzieri se a rappresentarli c’è qualcuno che fa un altro mestiere?

C’è oggi una legge fortemente voluta da Federcarrozzieri e, apparentemente, anche dalla Grande Confederazione.

Allora ci si chiede perché, ottenuto un risultato così importante, si sceglie di arrendersi proponendo ai carrozzieri un accordo di massa. E per giustificarlo, si rappresenta il mondo assicurativo come troppo potente, scegliendo quindi di genuflettersi con un accordo al ribasso.

Avanti signori, abbiamo vinto ottenendo una buona legge ma ora inchiniamoci davanti alle compagnie; abbiamo strappato un protocollo dove la riparazione la decidono loro nei tempi e nei modi e noi, della Grande Confederazione, con i nostri espertissimi funzionari, decideremo quanto valete, perché si ricomincerà a dare le pagelle alle aziende cioè a “classificarle”. Tutto questo, dimostrando di non vedere e di non capire quello che sta succedendo con l’arrivo delle multinazionali nel settore della riparazione.

I fiduciari spariranno perché sostituiti dalle multinazionali, i “protocollati” (ex indipendenti) diventeranno i nuovi fiduciari, e gli indipendenti che non accetteranno il nuovo protocollo, bontà loro “non è obbligatorio”, faranno la fine degli indiani d’America.

Tutto questo per mantenere ruderi che rappresentano un tempo che fu.

 

Errore da matita rossa o disinformazione? Per la Confederazione le clausole vessatorie sono legittime!

Per giustificare l’ingiustificabile, la Grande Confederazione, sempre con approccio antico, si dedica anche alla disinformazione.

Come si fa a sostenere le stessi tesi delle Compagnie assicurative, e cioè che le clausole vessatorie (divieto di cessione e quant’ altro) apposte nei contratti RC auto sarebbero valide perchè… riguardanti assicurato e assicurazione?

Ma la Legge Concorrenza non è stata letta?

Ma non si sa che i giudici ritengono carta straccia simili clausole?

Ma non si sa che perfino l’Ivass ha messo nero su bianco che quelle clausole non si possono inserire nei contratti e che la totalità delle compagnie ha di fatto rinunciato a farle valere?

Le pronunce dell’Antitrust sono state studiate?

 

 

Il peccato originale: gli antichi rapporti che ritornano.

Allora ci si chiede perché, mentre uno che non faceva il nostro mestiere nel 2013 diventava presidente non si accorgeva, come risulta dalle note intercettazioni, nel 2014 che il suo Leader Maximo chiacchierava delle sorti dei carrozzieri nel consiglio di amministrazione del più grande gruppo italiano, e perché, intervistato, definiva “bella” la storia dei rapporti tra la Grande Confederazione e la Grande Compagnia?

Quel presidente ha nozioni di “corporate governance” o meglio delle regole che si deve dare una compagnia per stare in piedi?

Ha mai chiesto o scritto qualcosa per obbligare le alte sfere presenti nel consiglio di amministrazione della Grande Compagnia ad astenersi durante votazioni o riflessioni sulle materie riguardanti i carrozzieri?

Ha mai chiesto, in caso di decisioni negative per i carrozzieri (e sono state tante in quel gruppo), le dimissioni dal Consiglio?

Non bastano le autodichiarazioni di bellicosità e indipendenza: i rapporti tra imprese e associazioni sono cosa troppo delicata per fingere di essere un oste che da sempre il vino buono.

L’arroganza con cui non si affronta il tema del conflitto di interesse è frutto di una mentalità corporativa, dove si vuole rappresentare un mondo di potere immarcescibile, dove la Grande Confederazione pesca soldi e finanziamenti per mantenere un baraccone.

Allora noi artigiani eccoci a raccogliere le briciole, i contentini dati da funzionari, la catena di trasmissione dai piani alti dove il pasto è ricco.

Non c’è nessun valore politico in quel protocollo, nessun successo, nessuna aspettativa positiva se non la miseria e una offesa alla creatività.

E’ ora che questi soggetti, che da anni pensano di legittimare la loro esistenza senza alcun beneficio per i loro rappresentati si facciano da parte anche per evitare che il vento della crisi non obblighi la Grande Confederazione, per un afflato di sopravvivenza, a tagliare il personale in eccesso, magari quello meno allineato.

Alla crisi delle imprese corrisponde inevitabilmente la loro crisi.

Errare è umano, perseverare è diabolico.